Paola Cortellesi è l’anima di “C’è ancora domani“, un film che lei stessa ha scritto, diretto e interpretato. Uscito nel 2024, il film ha ottenuto un enorme successo di pubblico e critica, posizionandosi come uno dei titoli più discussi dell’anno.
Delia, una donna forte e resiliente, è al centro della narrazione. La sua storia, ambientata nell’Italia del dopoguerra, ci trasporta in un’epoca di grandi cambiamenti e di profonde ferite e porta in sé una questione molto attuale: una donna vittima di violenza domestica che, nonostante l’apparente sottomissione al marito e immolata nel ruolo di moglie e madre, non smette di sperare in un futuro migliore.
Al fianco di Paola Cortellesi troviamo un cast davvero notevole, tra cui Valerio Mastrandrea, che interpreta il ruolo del marito violento e possessivo, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Vinicio Marchioni e altri ottimi attori che interpretano una pellicola che ha tinte drammatiche, a volte comiche, a volte surreali. Un’equazione di registri che non sempre sembra ben bilanciata ma che mostra carattere e qualche licenza da chi sente di poterselo permettere.
La trama di C’è Ancora Domani
Siamo a Roma nel Maggio del 1946. Il film dipinge un quadro della capitale in ripresa lenta, fatta di povertà stanca ma orgogliosa, di un popolo che fatica a riprendersi mentre cerca di curare le ferite ancora fresche della guerra. Per le strade ancora presidiate dagli americani, amici e sconosciuti, un po’ amati e un po’ temuti, le strade sono tappezzate di manifesti che richiamano l’attenzione verso le prossime elezioni.
Paola Cortellesi è Delia, moglie di Ivano (Valerio Mastrandrea) e madre di tre figli, la più grande Marcella (Romana Maggiora Vergano) e i due più piccoli.
La prima inquadratura ci rivela già il nodo del film: Delia si sveglia, si rivolge verso Ivano che, senza alcun motivo, le sferra un colpo in viso. Lei non fa un fiato, con la sua faccia di pietra si gira, infila i piedi nelle scarpe e inizia la giornata.
Sono giornate faticose, quelle di Delia. Oltre al marito, spesso vittima di accessi d’ira, la donna si misura con tutte le difficoltà di gestire la casa, i figli e i numerosi lavori che svolge per guadagnare qualche lira.
Delia fa le punture a domicilio, cuce, lava i panni, ripara ombrelli. Ogni giorno riceve sempre meno soldi di quelli che darebbero a un uomo e viene mortificata dal marito per il poco denaro che porta a casa e derisa dal suocero, che da lei viene accudito e curato ogni giorno.
Delia sembra avere un buon carattere e molta capacità di resilienza. Non la abbattono i problemi quotidiani e prende la sua vita per com’è. Poteva andar meglio ma poteva anche andar peggio. Il marito è solo una criticità in più da gestire, con i suoi eccessi d’ira è come una tassa da pagare.
L’interpretazione della Cortellesi ci mostra una donna dal viso scolpito dalle difficoltà: gli occhi tristi, il disegno della bocca indurito in una smorfia di tristezza e disgusto. Quella stessa espressione torna ad aprirsi però ad ogni occasione di vita: le chiacchiere con l’amica Marisa, i saluti scambiati con il vecchio amore Nino, le prospettive di felicità nel futuro della figlia Marcella.
Delia ha pochi desideri per sè. Crede che la sua vita sia tutta lì e, tutto sommato, le va bene. Se fa la cresta sui suoi pochi guadagni è solo per comprare il vestito da sposa alla figlia che potrebbe avere una vita migliore di lei. Delia libera i pensieri solo con la sua amica Marisa che lavora al mercato e ha la fortuna di stare con un uomo che la ama e che la rispetta.
Ogni tanto, sospira con il suo vecchio amore Nino che le chiede di andarsene con lui al Nord.
La figlia maggiore per la quale Delia fa di tutto, anche prendersi le cinghiate dal marito, la rimprovera e mostra disprezzo per la sua eccessiva remissività. Tutto nel film ti fa dire “Mai una gioia”, ma – al bordo di questo schermo di tristezza – tu spettatore sei lì ad aspettarti la redenzione che, ti dici, prima o poi arriverà.
Una donna, molte donne
Le giornate di Delia ti mostrano una donna che vive una condizione familiare terribile.
L’uso della violenza di Ivano su di lei non ha una matrice esclusivamente culturale. Gli episodi di molestia che Delia subisce dal marito sono tristemente noti a tutto il condominio e addirittura le vicine di casa nel cortile si aspettano che lei, prima o poi, ne fugga. E per quanto i discorsi tra Ivano e il vecchio padre rendano chiaro che il picchiare le donne sia un’abitudine tramandata, anche per il suocero Ottorino Delia è una brava donna – anche se colpevole di parlar troppo – e non dovrebbe essere picchiata così spesso come fa il figlio.
“C’è ancora domani” non solo affronta il tema della violenza domestica, ma denuncia anche le disuguaglianze di genere presenti nella società italiana del tempo.
Fuori di casa, i discorsi degli uomini ripetono alle donne di tacere e di non lamentarsi. Le loro idee e la loro voce non vale come la loro. Le differenze di compenso per un lavoro nelle stesse mansioni è un’ingiustizia legittimata dal pregiudizio patriarcale dell’Italia di quell’epoca, e forse anche di questa.
Di controcanto, il film ci fa vedere molti tipi di donne che, di volta in volta, diventano modelli di comportamento con cui Delia si può confrontare e che potrebbe incarnare, se solo volesse e ne avesse l’opportunità.
Marisa, donna libera e determinata ad essere felice, la merciaia, donna e commerciante che risponde per le rime al disprezzo degli uomini, la portinaia del palazzo, che rimane in silenzio mentre con sguardo eloquente consegna la tessera elettorale a Delia, la stessa Marcella che, nella sua giovane età, chiede alla madre di reagire di fronte alle ingiustizie subite dal marito.
La via di fuga: C’è ancora domani
Quasi tutto nel film ci dice che la via di fuga sarà sentimentale.
Sin dall’inizio ci viene presentato Nino, meccanico romano innamorato di Delia a cui lei non si mostra indifferente. In partenza per il Nord, il vecchio innamorato le propone di scappare con lui, e le chiede di pensarci.
Dopo aver scoperto che la figlia sembra destinarsi a un matrimonio con un uomo che serba nei suoi comportamenti l’avvisaglia di diventare violento come suo padre, le fa saltare il fidanzamento e progetta qualcosa che sembra essere una fuga con l’amante fissata per Domenica, ma che così non sarà.
L’impacciata fuga di Delia con valigia alla mano, con tanto di inseguimento di Ivano e di assist di Marcella che, finalmente, vedrà la madre reagire alla sua condizione, ci mostra la protagonista correre alle urne. Uscita dalla sede elettorale, la donna si ritrova di nuovo di fronte a Ivano che vuole farle pagare l’atto di disobbidienza ma che, scoraggiato dalla massa che sembra fargli muro, rinuncerà a raggiungerla.
Delia covava quindi un’opzione di riscatto, ma non quella che il film ci suggeriva. Decidendo di non cambiare uomo, sceglie di cambiare la storia.
Bene e male, bene o male di un’opera prima forse sopravvalutata
Il film di Paola Cortellesi è un film che mi è piaciuto ma che mi ha lasciata più di qualche perplessità.
La scrittura del personaggio di Delia
Nella scrittura del film si comprende poco come il personaggio di Delia passi dall’occuparsi del proprio piccolo mondo quotidiano alla grande questione politica che rappresenta il suo riscatto finale.
In quali momenti la vediamo prendere coscienza di una possibile partecipazione civica per redimere la sua vita, e quella delle donne che la circondano?
Ciò a cui assistiamo è una Delia occupata giorno e sera dalle faccende domestiche e di lavoro. Per quanto sia una donna dinamica, non sembra badare a questioni politiche – a parte qualche alzata di sopracciglia di fronte alle ingiustizie salariali che incontra e subisce.
L’incontro con le altre donne nel cortile di casa e le chiacchiere di circostanza si concentrano, anche in questo caso, sulla famiglia e le questioni personali. Quand’è che la mente di Delia si rivolge alla questione politica? Sembra che la donna ci pensi solo quando ogni altra opzione è andata persa: “c’è ancora domani”, appunto.
Il colpo di scena, la scelta tra amore e partecipazione politica
Nel film troviamo solo pallidi accenni al clima politico italiano. L’eco di qualche comizio, chiacchiere di strada, opinioni da bar, scritte sui muri.
La tessera elettorale che Delia riceve per posta ci viene svelata solo alla fine del film, mantenendo il mistero di una lettera buttata frettolosamente nel cestino e poi recuperata e infilata in una borsetta insieme a una camicetta, ingannandoci con la prospettiva ambigua e poi negata di una fuga con il vecchio amore.
Il colpo di scena finale, dunque, ha più il potere di disorientare che di sorprendere: le intenzioni di Delia erano quelle di andare a votare sin dall’inizio? Il film ci inganna, ci mantiene legati alle vicende personali mentre si fa strada la coscienza civile? E perché?
Il registro surreale
Per quanto riguarda la regia, altra questione che mi lascia perplessa riguarda la scelta di trasformare le scene di violenza in coreografie, sprofondando una narrazione immersiva di una regia invisibile in un registro surreale che sgancia lo spettatore dall’esperienza e lo mette di fronte a un espediente scenico.
Bella la spiegazione di Paola Cortellesi su questa sua scelta. Il non rendere la violenza nel suo realismo è una rinuncia alla spinta voyeuristica del cinema di mostrare anche le scene più crude nel modo più dettagliato, oltre che cercare di rendere quei momenti come nella quotidianità di quelle donne erano vissuti:
“Abbiamo, in fondo, mantenuto quel tono canzonatorio che usavano le nostre nonne nel raccontare fatti incredibili, e a volte surreali, di vita quotidiana. (…) I lividi che appaiono e scompaiono, ad esempio, sono frutto di qualcosa che accade spesso. La realtà c’è, ma nella testa di Delia va via, perché lei se la lascia alle spalle e ricomincia una nuova giornata come niente fosse. Come niente fosse, fin dallo schiaffone iniziale. Questo credo che sia la cosa più violenta che si possa mettere in scena: come niente fosse. È questo modo di vivere, di pensare, che credo che sia la cosa più grave.
Paola Cortellesi, fonte Exibart
Personalmente, amo molto gli innesti di surrealtà nelle narrazioni regolari e, per quanto credo fosse una bella intuizione quella di trasformare un momento di tale drammaticità in qualcosa di estraniante e simbolico, mi è sembrato che, nell’intessere le sequenze del film, si sia perduta l’occasione di rendere questi cambi di registro un innesto giustificato.
Se la surrealtà è un modo di tradurre la visione delle donne protagoniste di questa pellicola, tale filtro sarebbe dovuto essere maggiormente presente nella pellicola. Il risultato è la presenza di una dissonanza che non ha niente a che fare con l’effetto surreale quanto piuttosto un mancato accordo tra il momento prima e il momento dopo, una sgrammaticatura che mi ha fatto pensare che fosse un peccato, perché l’intuizione era buona.
Il successo di “C’è Ancora Domani”
Il film ha avuto un successo enorme per molti motivi.
Intanto è l’opera prima di una talentuosissima attrice, comica, cantante, conduttrice, molto apprezzata e amata in Italia. Paola Cortellesi è davvero un personaggio che ha meritato la stima e l’attenzione di tutti, e così il suo film.
Subito di seguito, C’è ancora domani è un film di donne, sulle donne, che parla di storie di rivendicazione delle donne nella storia del nostro paese. Il film incarna un prodotto che ha tutte le carte per richiamare pubblico e essere utilizzato nei dibattiti popolari e politici, così da amplificare a dismisura la sua influenza e il suo successo.
La pellicola possiede la chiave tragicomica che è connaturata nella migliore Commedia italiana. Ci fa guardare a un passato e a un presente amaro con quell’ironia che ci indora la pillola e ci fa tornare a casa con la mente occupata da un pensiero in più, ma con il petto alleviato da qualche risata.
Io rimango della mia idea, però, di un film piacevole con molti difetti, tra scrittura e regia. Non un film da sconsigliare ma neanche da inneggiare come capolavoro.
C’è ancora domani” è un film che merita di essere visto, ma che lascia spazio a diverse interpretazioni. La regia di Paola Cortellesi è audace e ambiziosa, anche se presenta alcuni punti deboli. Nonostante ciò, il film rappresenta un importante contributo al cinema italiano contemporaneo e affronta temi di grande attualità.
Cosa ne pensi di queste proposte? Vorrei lavorare insieme a te per rendere la tua recensione ancora più completa e coinvolgente.
Inoltre, potremmo approfondire altri aspetti, come:
- L’impatto del film sulla cultura popolare
- Il confronto con altri film simili
- Altri film sulle tematiche femminili
Che ne dici?
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