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Riconoscimento
-Dante è il mio nome. Dante, figlio di Alighiero-.
No, tu sei Drogato, figlio di una bella Sbronza.
Questo è quello che avrei voluto dirgli, ma le parole non uscivano. Si stava facendo spazio dentro di me una sensazione strana.
Riconoscimento.
Sì, riconoscimento. Non avevo mai visto quell’uomo prima d’ora, ma io sentivo che mi stava dicendo la verità. Era una consapevolezza che veniva dal profondo della mia anima. Un sapere emotivo. Razionalmente non riuscivo a spiegarmi come lui potesse essere arrivato nel magazzino dello SfogliaCaffè. Eppure, io riconoscevo nell’uomo davanti a me proprio quel Dante.
-Vi sentite bene, gentil donna?- mi chiese Dante. -La vostra immobilità contrasta in maniera inquietante con la foga mostrata nel battermi poco fa-.
Avevo perso la capacità di parlare.
Mi trovavo di fronte all’uomo responsabile della lingua che parlavo, all’autore di uno dei poemi più importanti di tutti i tempi.
Cosa dici a un genio?
Cosa dici a un genio che dovrebbe essere morto?
Ma soprattutto: cosa dici a un genio che dovrebbe essere morto e che hai appena finito di menare in malo modo?
…
-Il vostro silenzio continua a disorientarmi- mi disse, raddrizzandosi un po’. -Che darei per una candela!- aggiunse a se stesso più che a me.
Quella frase mi riscosse un po’. Ho cercato l’interruttore della luce e l’ho acceso. Dante sobbalzò e guardò con sospetto la lampada sul soffitto.
-Luce divina o inganno del diavolo?- mi ha domandato.
-È l’Enel- ho risposto senza pensare.
-Le parole pronunciatemi da Pluto all’Inferno erano più comprensibili per me-.
Osservando la sua irrequietezza e il suo spavento, un sospetto iniziò a farsi strada nella mia testa.
-Scusi, in che anno pensa di essere?- gli ho chiesto.
-1315-.
Sospetto confermato.
-È il 2020- gli ho detto in modo brutale.
Lui rimase un attimo a guardarmi, immobile. Poi la bocca si mosse e Dante sembrò sul punto di dire qualcosa… poi svenne.
Tornando al presente…
Di come ho tentato di rianimare Dante e del tempo che ho passato a spiegargli cosa era successo nel corso dei quasi 700 anni dalla sua morte, vi racconterò un altro giorno. Quello che vi serve sapere ora è che da quel giorno Dante è andato e venuto dallo SfogliaCaffè esattamente come la prima volta: improvvisamente. Compare nello sgabuzzino, esce, passa qui alcune ore e poi puf! Scompare…
E mentre i miei clienti discutono delle mezze stagioni (o del Coronavirus?), Dante è qui, allo SfogliaCaffè, seduto sui divanetti alla destra del bancone, tutto concentrato a osservare lo schermo del mio smartphone. Ogni tanto scuote la testa e inizia a digitare (per come siamo abituati noi, potrebbe sembrarvi molto lento, ma vi assicuro che si è velocizzato tanto nel corso dei mesi!). Mentre lo guardo mi viene da sorridere: dalla penna d’oca intinta nell’inchiostro al touch screen, senza passare per la stampa. Era davvero un genio. La prima volta che gli avevo mostrato come usare un telefono, Dante mi aveva detto:
-Ritornammo a scrivere con le dita?-.
Dante al tempo dei social
Una volta andati via i clienti più chiacchieroni, mi avvicino a lui domandandogli cosa stia facendo.
-Mi ingegno a esprimere un’opinione politica in 280 caratteri- mi risponde senza guardarmi.
Ebbene sì. Dante ha scoperto Twitter. Da quando ha saputo che è uno degli strumenti privilegiati per comunicazioni di vario tipo, passa moltissimo tempo a seguire conversazioni e dibattiti. Da qualche settimana ha anche iniziato a partecipare attivamente (con il mio account).
-Come sta andando?-
-Sono solito ragione per endecasillabi e terzine, non è poi così difficile. Ma questa sintesi spesso accompagnata dal poco senso mi confonde-.
Dopo una breve pausa, continua.
-Sai che mi ingiuriano? All’inizio pensai a una qualche forma di finzione letteraria, ma invece sono veramente accalorati! Quando scrissi i sonetti contro Forese Donati non c’era tutta questa cattiveria. E poi c’era molto più stile, bisogna ammetterlo-.
-Non è una finzione, ma anche qui tu hai un filtro. Non è quello letterario e quindi si può perdere d’eleganza o di razionalità, in alcuni casi, ma il filtro c’è. Avere un’identità digitale è un filtro, proprio come avere un “io” poetico che parla attraverso i versi. Ti conoscono con il tuo nome, con le tue sembianze, ma tutto quello che dici lo dici perché sei un account…- lo osservai guardarmi perplesso e cercai di correggermi. -… una figura. Non tutti parlerebbero così se fossero a tu per tu con quelli che insultano-.
Invettive
-Ritieni poesia ciò che si scrive sull’uccellino azzurro?- mi chiede.
-No, assolutamente. Stavo solo dicendo che ci prendiamo delle libertà in poesia come… sull’uccellino azzurro-.
-Ma la poesia ha un alto valore artistico. È un’elevata forma d’espressione, la più sublime. La libertà che si concede è solo un mezzo per parlare della verità in modo che arrivi al cuore degli uomini e delle donne, nobilitandoli. Non è da tutti e per tutti. Non può essere paragonata alla volgarità di queste sillabe retoricamente confuse e grammaticalmente scorrette- mi risponde infervorandosi.
-Mi dispiace… volevo dire che sono due forme di comunicazione divers…-
-La poesia ti nasce da dentro. È il sentimento che si fa strada dentro di te e arriva sulla carta. È ciò che sai della vita, di te stesso e che hai imparato leggendo i grandi autori del passato. È arte, maestria, non può essere così volgare, sfrontata o poco ragionata-.
Vi ricordate le invettive della Commedia? Ecco. Dante quando parte è così. C’è poco da dirgli, puoi solo ascoltarlo con pazienza.
Una sorpresa in cucina
Va avanti per un po’ fin quando Simona non mi chiama dal bancone. Chiedo a Dante di scusarmi. Lui mi fa un cenno di assenso e poi continua a borbottare sottovoce. Sono quasi arrivata alla porta della cucina, quando sento alle mie spalle un tonfo familiare. Mi giro e vedo che Dante è sparito e il mio cellulare è rimasto abbandonato sul divano. Così è successo tutte le volte e ogni volta mi trovo a chiedermi con un leggero senso d’ansia se sarà l’ultima.
Simona urla di nuovo il mio nome. Il suo tono mi sorprende. Ora che ci penso anche quando mi ha chiamata la prima volta la sua voce era più alta del normale. Mi sembra un po’ strano che si metta a strillare in quel modo durante l’apertura. Che sia successo qualcosa?
Entro in cucina e rimango pietrificata.
Davanti a me in piedi sul tavolo c’è una giovanissima ragazza dai lunghi capelli castani. Sembra bella, ma ha il volto rosso e gli occhi gonfi di pianto. Ma ciò che mi terrorizza di più è il coltello che tiene in mano puntato verso la sua pancia.
-Ditemi dov’è Romeo o giuro che questo corpo sarà il fodero di questo pugnale-.
Simona fissa la ragazza a bocca aperta. Io riesco solo a domandarmi se ho qualche speranza di prendere il mocio prima che Giulietta si uccida.