
Nel 1915 Edward Steichen fotografò una bottiglia di latte sulla scala antincendio di una casa popolare, e diede uno dei primi esempi di una nozione completamente differente della bella fotografia. E a partire dagli anni ’20, i professionisti più ambiziosi, quelli che arrivano ai musei con le loro opere, hanno continuato a staccarsi dai soggetti lirici, esplorando consapevolmente materiali insignificanti, pacchiani o addirittura insulsi. Negli ultimi decenni, poi, la fotografia è riuscita a imporre a tutti una parziale revisione delle definizioni del bello o del brutto, sulle stesse linee proposte da Whitman. Se (per citare Whitman) «ogni oggetto o condizione o combinazione o processo esprime una sua bellezza », diventa superficiale definire belle certe cose e non altre.
S. Sontag, Sulla Fotografia, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2004, p. 25
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